top of page
Immagine del redattoreFopponino Milano

Preghiera comunitaria - 2° incontro

Qui puoi trovare il testo della preghiera del secondo incontro di preghiera comunitaria mensile.

Ti aspettiamo martedì 5 novembre 2024, nell'antica chiesa del Fopponino, alle ore 19



Parrocchia S. Francesco d’Assisi al Fopponino

in preghiera

La Speranza non delude

                       

“Speranza I” (1903-1908) – Gustav Klimt- National Gallery of Canada


“Sifra e Pua: la Speranza trasgredisce ”

Martedì 5 Novembre 2024, ore 19


ENTRIAMO IN PREGHIERA

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

(facciamo un segno della croce ampio, che prenda il nostro corpo come un abbraccio)

Usiamo qualche tempo per entrare in preghiera. Può aiutare la meditazione guidata “Entrare in preghiera“ che trovate sul pdf. 

--------------------------------------------------------------------------------------------------------

Ci accompagna questa sera e un poco ci scuote, un dipinto di Gustav Klimt, “Speranza I”.

Dipinto nel 1903, verrà esposto solo 5 anni dopo. La società viennese non era pronta per un quadro del genere e forse neppure noi siamo pronti a guardare la Speranza in questo modo. Ma Klimt vuole fare della pittura una scrittura che, usando le forme e il colore al posto delle parole, sappia trasmettere in modo potente e vero una visione interiore del mondo, del mistero, del meraviglioso e anche del terribile che ci abita e che ci contorna, senza sottomettersi alle convenzioni e senza la paura di guardare la verità.

Sicuramente un dipinto molto difficile da “vendere”, ai tempi.

Coraggioso e “trans-gressivo”, che sorpassa e supera i limiti per andare verso l’”oltre”.

E così Klimt raffigura la Speranza, come una maternità combattuta, che nulla ha a che vedere con le maternità serene e idilliache che venivano dipinte ai suoi tempi e che anche noi oggi vorremmo immaginare.

Eppure la intitola Speranza….

Una ragazza pallida, magrissima, il cui viso si staglia timido e ossuto da sotto una matassa di capelli rosso fuoco. Gli zigomi sporgenti, gli occhi cerchiati e le labbra serrate. Nulla suggerisce o bisbiglia, neppure flebilmente, “speranza”. Tutto sembra morte.

Ha le mani serrate sopra il ventre prominente, non tanto in un gesto di dolcezza, ma in un movimento di difesa. Ha paura…

Sullo sfondo si intravedono teschi di morte, il volto di una donna bellissima e gelida…… e un mostro nero, con la mano adunca protesa, che sembra attendere la nascita di quel bimbo per poterlo fagocitare.

Figure seducenti, divoranti, oscure.  Ma quel grembo prominente, quella nuova vita che questa ragazza ha la forza di portare in sé, che rimanda ad un amore, sono più forti di ogni morte.

La Speranza è anche questa. Fiducia incrollabile nella vita, nonostante ed insieme alla paura raggelante dell’incerto, in un mondo dove a volte sembra che il male prevalga, rischiando di farci “inciampare” nella disperazione…

Speranza è il coraggio dell’andare “oltre”, del superare le logiche del concreto, del conveniente, le logiche del potere del mondo, credendo solo al disegno di vita che è inscritto nei nostri ventri ( cuore in ebraico ).

 

Di fronte al Signore, ora, e invocando lo Spirito Santo preghiamo:

·        Spirito Santo, aiutaci a sentire quanto è scritto nei nostri cuori e nelle nostre viscere. Quanto il Padre ha scritto in noi. E ad obbedire solo a questo richiamo, senza farci confondere o impaurire dai rumori di guerra e di distruzione che vogliono assordarci.

 

·        Spirito Santo, scuotici quando ci “accasiamo” nella nostra mediocrità, dimentichi delle Tue promesse, quando ascoltiamo comandi che non sono i Tuoi, e rimettici in cammino.

 

·        Spirito Santo, concedici il coraggio e la sapienza per affrontare tutte le nostre difficoltà. Non permettere che il nostro animo si abbatta e si assoggetti ai domini del mondo.

 

 Facciamo silenzio dentro di noi e lasciamo che lo Spirito ci guidi                               

(facciamo un tempo di silenzio volendo facendoci accompagnare da  Ludovico Einaudi – I Giorni https://www.youtube.com/watch?v=Uffjii1hXzU

Riflessione

Abbiamo lasciato Sara a dar vita alle generazioni dei patriarchi nel libro della Genesi e ci ritroviamo con la promessa fatta ad Abramo divenuta realtà, all’inizio del libro dell’Esodo.

Il popolo di Israele è ora un grande popolo. Si è “accasato” in terra straniera, in Egitto, sazio e ricco, sotto la guida di Giuseppe, grande stratega e consigliere del precedente faraone, che ha fatto dell’Egitto un paese latifondista, con il monopolio del grano, potente e ricco e ha ottenuto per gli Ebrei una vasta porzione di terra florida, con molti pascoli.

Vivono placidi e ricchi … hanno dimenticato la terra promessa… L’altra promessa di Dio fatta ad Abramo. E Dio che parlava con Abramo e lo guidava passo dopo passo, pian piano si è zittito. E tutti vivono sereni e contenti nel loro quotidiano. Passano centinaia di anni.

E arriva un nuovo faraone, che non conosceva Giuseppe, ed ha paura di questo popolo che diventa sempre più numeroso. La scena cambia. Schiavitù, lavori forzati, dolore; un travaglio.

E Dio tace. Il popolo abbassa la testa e va avanti. Arriva allora il terribile comando del faraone di uccidere tutti i nascituri maschi per indebolire la futura forza “guerriera” del popolo… un genocidio. Si diverte la narrazione biblica…. Si diverte nel libro dei “Nomi” (così è chiamato l’Esodo nella Bibbia ebraica); ci consegna come primi nomi i nomi di due piccole donne, Sifra e Pua e tace il nome del faraone. Si diverte la Bibbia a mostrarci come questo faraone, poco lungimirante anche nel governare, accecato dalla paura di non riuscire a mantenere il suo enorme potere, questo faraone senza nome, non sia in grado di controllare neppure ciò che succede nelle stanze delle donne…..quelle senza potere e che non valgono nulla.

Sifra e Pua “trans- grediscono”, ignorano l’ordine ricevuto e “vanno oltre” a rischio della propria vita, ma verso la vita, verso la promessa, ascoltano i gemiti delle partorienti piuttosto che gli ordini del potente. E chiamate a rendere conto del loro operato usano l’ironia, arma tipica dei deboli, cara alle donne, arma che permette di capovolgere le categorie interpretative, di trasformare la debolezza in forza e di ridicolizzare il potente…” Le donne ebree non sono come le egiziane…. Quando arriviamo, hanno già fatto tutto, sono piene di vita”. Si diverte la Bibbia a deridere la potenza di questo faraone senza nome. E quando darà l’ordine di affogare tutti i bambini maschi, di fare del fiume fonte di vita, un letto di morte, si troverà di fronte una rete di donne, senza distinzione di stirpe, di età e di religione, principesse egiziane, madri ebree, ragazzine e ancelle di corte, che salveranno il futuro condottiero, lo strumento divino, che guiderà il popolo di Israele verso la terrà promessa. Mosè.

Ma cosa muove Sifra e Pua? Ce lo dice il testo biblico: “le levatrici temettero Dio”. Il timore di Dio non è paura, ma reverenza, meraviglia estasiata davanti alla Sua grandezza, riconoscimento della Sua potenza e speranza incrollabile nelle Sue promesse di bene. È mettere i comandi di Dio prima di ogni comando del mondo.  E dove Dio sembra tacere, sta solo attendendo il nostro “sì”.

Perché la Promessa di Dio chiede la nostra collaborazione. E il futuro, nella Bibbia, è futuro “partorito”. Aiutaci Signore a non dimenticarlo mai.


Silenzio .  (facciamo un tempo di silenzio volendo facendoci accompagnare da Ludovico Einaudi – I giorni https://www.youtube.com/watch?v=Uffjii1hXzU)


Preghiamo Isaia 45

 

Dice il Signore del suo eletto, di Ciro:

«Io l'ho preso per la destra,

per abbattere davanti a lui le nazioni,

per sciogliere le cinture ai fianchi dei re,

per aprire davanti a lui i battenti delle porte

e nessun portone rimarrà chiuso.

Io marcerò davanti a te;

spianerò le asperità del terreno,

spezzerò le porte di bronzo,

romperò le spranghe di ferro.

Ti consegnerò tesori nascosti

e le ricchezze ben celate,

perché tu sappia che io sono il Signore,

Dio di Israele, che ti chiamo per nome.

Io sono il Signore e non v'è alcun altro;

fuori di me non c'è dio;

ti renderò spedito nell'agire, anche se tu non mi conosci,

 perché sappiano dall'oriente fino all'occidente

che non esiste dio fuori di me.

Io sono il Signore e non v'è alcun altro.

Stillate, cieli, dall'alto

e le nubi facciano piovere la giustizia;

si apra la terra

e produca la salvezza

e germogli insieme la giustizia.

ti renderò spedito nell'agire, anche se tu non mi conosci,


Gloria al Padre …


   

         

                          

Libera condivisione


Padre nostro ...


Benedizione


 

Per pregare ancora

Finché non scavi una buca, non pianti un albero, non lo annaffi e non lo fai crescere, non hai fatto nulla. Stai solo parlando”.

Wangari Maathai, La Signora degli alberi, prima donna africana a ricevere il Nobel per la pace nel 2004

 

Wangari Maathai è nata nel 1940 in un piccolo villaggio del Kenya. La sua famiglia è diventata cattolica continuando però a mantenere le credenze della cultura nativa, quella kikuyu. Tra queste, la convinzione che Dio dimori nel mondo, nella natura e che gli alberi siano sacri.

Vicino al loro villaggio, c'era questo albero sacro a Dio, l'albero Mugumo. Un grande e maestoso fico le cui radici crescevano in profondità nel terreno fino ad arrivare nella roccia, permettendo all'acqua dei ruscelli sotterranei di risalire in superficie e garantendo solidità al suolo. L'albero era rispettato dalla popolazione e non veniva mai tagliato.

Wangari andava molto bene a scuola e vinse una borsa di studio e partì per gli Stati Uniti studiando fino a conseguire un dottorato in biologia. Ma una volta tornata in patria, scoprì che gli alberi, anche quelli di Mugumo erano stati abbattuti per fare spazio a grandi imprese edilizie. Storia sempre attuale!! Era sola, ma ebbe un'idea. "Penso che dovremmo piantare alberi". Nasce così il movimento ecologista Green Belt Movement, la sua missione, che coinvolse donne del Kenya e poi di tutta l'Africa. E piantarono piantine.

Piantare alberi sembra semplice. Ma occorre dedizione e amore. Perseveranza e costanza. Wangari fu considerata una dissidente, un problema; venne picchiata e persino imprigionata. Ma questo non la fermò. In effetti, il primo anno, Wangari riuscì a piantare solo sette alberi e solo due di essi sopravvissero. Ma nel corso del tempo, Wangari e le donne africane hanno piantato oltre 15 milioni di alberi. "Piantare alberi è una sorta di forma ecologica e pacifica di disobbedienza civile". In Kenya, un albero è considerato un simbolo di pace. Così, quando Wangari ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace, ha spiegato che le crisi ecologiche hanno contribuito a molti conflitti e che la cura dell'ambiente può essere parte della soluzione. Ha detto: "Quando piantiamo alberi, piantiamo semi di pace e di speranza". Wangari ha usato i suoi studi da biologa e il suo amore per gli alberi come una serva del disegno di Dio.

 

 






39 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

コメント


bottom of page