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Immagine del redattoreFopponino Milano

Preghiera comunitaria - 3° incontro

Qui puoi trovare il testo della preghiera del terzo incontro di preghiera comunitaria mensile.

Ti aspettiamo martedì 3 dicembre 2024, nell'antica chiesa del Fopponino, alle ore 19



Parrocchia S. Francesco d’Assisi al Fopponino

in preghiera

La Speranza non delude

                       

Tree of Hope, Remain Strong.  Frida Kahlo, 1946

Collezione Daniel Filapacchi , Parigi.

 

“Giuditta: La speranza ha coraggio “

 Martedì 3 Dicembre 2024

Ore 19



ENTRIAMO IN PREGHIERA

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

(facciamo un segno della croce ampio, che prenda il nostro corpo come un abbraccio)

Usiamo qualche tempo per entrare in preghiera. Può aiutare la meditazione guidata “Entrare in preghiera“ che trovate sul pdf. 

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Ci sono momenti di luce e momenti di tenebra nella vita, come le due parti di questo quadro. Sole e luna. Giorno e notte. Insieme. Ma la bellezza può restare immutata, una bellezza che si sprigiona dalla consapevolezza interiore e da una speranza inossidabile.

Frida Khalo, nata nel 1907 a Città del Messico, ha vissuto una vita segnata dal dolore e da una profonda esplorazione di sé stessa attraverso la pittura. Le sue opere sono un viaggio personale che riflette le sue esperienze di fatica, amore, speranza e ricerca di identità.

Già fragile per una poliomielite infantile, a diciotto anni fu vittima di un gravissimo incidente stradale, mentre faceva ritorno da scuola in autobus, che mai si risolse nelle sue complicanze e per il quale dovette subire negli anni ben trentadue interventi chirurgici.

Da quel tragico momento Frida incominciò a dipingere lunghe ore al giorno, come fosse un modo per restare in vita o per dare vita alla sua vita. Dipinse stesa nel suo letto oltre duecento opere, principalmente autoritratti, alla ricerca della propria identità, nel tentativo di trasformare il dolore in desiderio, combattendo per la giustizia e la bellezza e trasformando la tristezza in comprensione e dialogo. Dipinti di una donna fedele a sé stessa, che non ha mai rinunciato a vivere in pienezza, fino in fondo ogni attimo, che ha cantato un inno alla vita in ogni circostanza e fino alla fine. 

Nel dipinto che ci accompagna questa sera Frida rappresenta il drammatico e inscindibile connubio tra la terribilmente dolorosa gravità delle sue condizioni fisiche e la sua determinazione a trarre il meglio dalla vita. Lo sfondo del dipinto è diviso equamente in due parti: sole e luna, luce e oscurità. Frida si ritrae seduta al centro, piangente, ma diritta e fiera, meravigliosamente vestita da Tehuana. Tiene in mano un corsetto ortopedico rosa e una bandiera con la scritta “Arbol de la esperanza. Mantente firme.” (Albero della Speranza. Mantieniti saldo).

Mentre la rivoluzione messicana si fa sempre più accesa, Frida diventa con la sua arte, un modello di forza, indipendenza e stile, combattendo per la giustizia, l’equità, l’uguaglianza sociale ed economica e per la salvaguardia dell’identità culturale e tradizionale del suo Paese. E così Frida fa delle fatiche della vita, riviste con profonda consapevolezza e alla luce della speranza, strumento per dare forza ad un intero popolo.

Di fronte al Signore, ora, e invocando lo Spirito Santo preghiamo:

·        Spirito Santo, aiutaci a essere consapevoli della nostra verità e a vivere la nostra pienezza di vita.

·        Spirito Santo, concedici il coraggio e la sapienza per affrontare tutte le nostre difficoltà. Non permettere che il nostro animo si abbatta e si assoggetti ai domini del mondo.

·         Spirito Santo, aumenta la nostra speranza nella pace e nella giustizia che ci hai promesso e mettila a servizio di chi incontreremo nel nostro cammino.

 

 Facciamo silenzio dentro di noi e lasciamo che lo Spirito ci guidi                               

(facciamo un tempo di silenzio volendo facendoci accompagnare da  Ludovico Einaudi – I Giorni https://www.youtube.com/watch?v=Uffjii1hXzU


Riflessione

Il libro di Giuditta è un libro senza fondamento storico, è un racconto che rilegge esperienze di vita sicuramente vissute, ma non cronologicamente e geograficamente vere. È possibile che sia stato scritto durante una situazione simile a quella del racconto, che si riferisca a potenti ancora in vita. Ma si sa, la storia cambia poco e i potenti hanno tutti la stessa “faccia”. E il messaggio arriva. Allora come oggi.

C’è un re, Nabucodonosor, che in una campagna punitiva avanza contro Gerusalemme, rea di non aver fatto immediato atto di vassallaggio al nuovo grande potente.

Betùlia, immaginaria città, è l’ultimo avamposto sul valico che poi apre la strada in discesa verso Gerusalemme. È il luogo dell’ultima possibile resistenza, prima che il nemico giunga al cuore di Israele e al Tempio.

In questa favola, dopo 8 capitoli di descrizione di schieramenti politici e di tattiche militari, ci ritroviamo con la piccola città di Betùlia fronteggiata da un esercito “di 170.000 fanti e dodicimila cavalieri, senza contare gli addetti ai servizi e gli altri che erano a piedi con loro, una moltitudine immensa “. Betùlia viene assediata e gli acquedotti resi inaccessibili. Dopo 34 gg di assedio, senza più acqua e con poco cibo, “incominciarono a cadere sfiniti i loro bambini..”. Il popolo è stremato, arrabbiato e di-sperato. Piange, urla e si ribella contro Dio e contro Ozia, il capo; chiede di consegnare la città. Tutti vogliono la resa. Non hanno più alcun interesse a difendere Gerusalemme, il loro Tempio, la loro fede, la loro identità.

Di fronte a questa disperazione, gli anziani deliberano di attendere ancora 5 giorni e, se al 40° giorno di assedio Dio non li avesse liberati, di trattare la resa e consegnare Gerusalemme, abbandonando ogni speranza di libertà.

E a questo punto ci viene presentata Giuditta.

È vedova, è giovane ed è molto bella. È indipendente, amministra le sue sostanze e accetta e vive il suo stato di vedovanza con una serena consapevolezza. Vive sulla terrazza, pellegrina in casa sua, nascosta e fedele al Signore, ma non esclusa dalla vita della comunità. Ascolta e sa quello che succede, ogni parola e ogni sensazione di chi le sta vicino.

Giuditta è una donna che ha perfettamente presente il “fine” per cui vive. Lodare e riverire il suo Signore, vivere nella Terra Promessa, vivere in libertà.

Non fantastica vite differenti e neppure si chiude o si lamenta per il suo stato.

Lo vive in totale pienezza di vita, vive ogni attimo, con discernimento, con libertà, con amore, con creatività, dischiudendo sé stessa all’imprevedibilità della storia e, con umanità, diventando umanizzante per il suo popolo.

È una donna “equilibrata”, aperta a Dio, a sé stessa e agli altri. È una donna che mai ha perso la fede e la speranza.

E così quando le vicende della storia si muovono, lei è pronta ad intervenire. Invita gli anziani a casa sua e “dice” semplicemente la verità della loro fede, li incita alla speranza e lei stessa si apre ad essere strumento divino della realizzazione del disegno di Dio, di libertà.

Forse non sa neppure lei cosa accadrà.

Quello che fa, e occorre leggere i capitoli successivi, è darsi tempo per pregare, per fare memoria di quello che Dio ha fatto per lei e per il suo popolo, per chiedere a Dio di farla strumento di salvezza e per centrarsi sulla Sua volontà. Ma non si ferma alla preghiera di intercessione, nascosta dietro la pia immagine che le danno. Anche se sarebbe più facile e anche più comodo.

Quello che fa, è trovare tempo per far risplendere la sua bellezza in tutto il suo fulgore, perché lei è bella, così è stata fatta da Dio, bella.

Quello che fa, è poi uscire dalla città verso il nemico, verso l’ignoto, portandosi i suoi cibi e il suo culto con lei.

Ucciderà il perfido Oloferne, capo dell’esercito nemico, e riporterà il suo popolo alla speranza. Combatteranno, allora, e vinceranno.

Gerusalemme è salva.

La speranza è concreta; si nutre di consapevolezza realistica di sé, del mondo e di Dio. La speranza è contagiosa, è scintilla che accende la speranza in altri.


Silenzio .  (facciamo un tempo di silenzio volendo facendoci accompagnare da Ludovico Einaudi – I giorni https://www.youtube.com/watch?v=Uffjii1hXzU)


Preghiamo Isaia 40

Consolate, consolate il mio popolo - dice il vostro Dio.

Sali su un alto monte,

tu che annunci liete notizie a Sion!

Alza la tua voce con forza,

tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.

Alza la voce, non temere;

annuncia alle città di Giuda: "Ecco il vostro Dio!

Egli dà forza allo stanco

e moltiplica il vigore allo spossato.

Anche i giovani faticano e si stancano,

gli adulti inciampano e cadono;

ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza,

mettono ali come aquile,

corrono senza affannarsi,

camminano senza stancarsi.

Quanti sperano nel Signore riacquistano forza e mettono le ali


Gloria al Padre …

 

Libera condivisione

Padre nostro ...

Benedizione

 

Per pregare ancora

Malala Yousafzai è nata a Mingora, in Pakistan, nel 1997 ed è mussulmana. Fin da bambina frequenta la scuola femminile fondata dal padre, insegnante e attivista per i diritti umani. Ama studiare e ne intuisce l’importanza per tutti. Lo sguardo è aperto sulla propria comunità: le acquisizioni personali possono e devono diventare opportunità collettive. Nel settembre 2008, a 12 anni, tiene un discorso denunciando la minaccia dei talebani di chiudere le scuole alle donne e inizia a collaborare con la BBC in un blog in urdu, in cui si documentano le condizioni di vita in Pakistan e le limitazioni quotidiane per le bambine e per le donne. Diventa una blogger che dà voce a chi non sa o non può esprimersi. Proprio per questo, nell’ottobre dello stesso anno, è vittima di un attentato: viene colpita alla testa con un proiettile proprio sullo scuolabus.  Sangue, panico, confusione, ritardi nei soccorsi fino a quando finalmente viene operata. Ma la convalescenza è lunga e Malala ha difficoltà nel riprendersi. E qui sopravviene il coraggio, la voglia di lottare contro l’ingiustizia, di non cedere, di non dedicarsi solo a sé stessa ma di aprirsi alla speranza per tutti. Un ospedale inglese le offre la possibilità di essere curata a Birminghamin. Accetta, parte e decide di dedicare la sua vita e le sue capacità al diritto all’istruzione per tutti. E il suo slogan diventa:” Un bambino, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo.” Crea un’organizzazione che raccoglie fondi per consentire alle bambine di tutto il mondo di frequentare la scuola. Nel 2014, a soli 17 anni, viene insignita del premio Nobel per la pace. Diventa il simbolo della speranza in un mondo equo e giusto. Perché il coraggio nelle scelte è sempre legato in qualche modo alla speranza. A volte di speranza neppure si parla; resta implicita in azioni diverse da quelle che ci aspettiamo, estreme, inimmaginabili che procedono nella direzione della vera giustizia e ci avvicinano al mondo sognato dal Signore.

 

 






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